Gustare il tai ji quan

Un allievo del maestro Huang ha conosciuto due persone interessate al tai ji quan, così vengono invitate pure loro a una cena della scuola.

Al maestro fa piacere discutere di arti marziali a tavola, ma appena finito di mangiare, esorta tutti a uscire in strada per praticare, nonostante sia una sera piovosa. Infatti spiega ai due nuovi amici: “Possiamo discutere a iosa del gusto di questo tè che abbiamo davanti, ma finché non lo assaggeremo, non sapremo se ci piace o no. Così il tai ji quan: va sentito col corpo”.

Ravioli nordici

Vi sono differenze tra la cultura cinese del Nord e del Sud, data pure l'estensione geografica del Paese.

Una di queste differenze riguarda la cucina. La maggior parte dei ristoranti cinesi in Italia propone varianti adattate dei cibi del Sud, compresi i ravioli al vapore (jiao zi 饺子), che però sono un piatto più tipico del Nord.

Per questo il maestro non li mangia: a lui piacciono quelli della sua nativa Shandong 山东.

Ravioli dello Shandong

Tipici ravioli serviti nei ristoranti cinesi italiani

Il maestro dei tè

L'amica che il maestro Huang e suoi allievi hanno aiutato a traslocare (vedi il post precedente), gli ha offerto un ottimo tè verde che si fa portare dalla Cina. Lì viene definito cha shi fu 茶师傅: “maestro dei tè ”; nome azzeccato per un insegnante di arti marziali.

Fase della produzione manuale di cha shi fu

Anche servire il tè può essere un'arte in Cina. Questa cerimonia particolare è tipica della provincia del Sichuan 四川

Fatica premiata

Un'amica cinese di Huang Tai Ji deve traslocare, sicché il maestro chiede a suoi allievi se hanno tempo di andare con lui ad aiutarla. Una scuola genuina di arti marziali cinesi è così: va oltre il rapporto della lezione in palestra e offre varie occasioni per stare insieme.

A proposito di traslochi, Hong Jun Sheng testimoniò che quando il suo insegnante Chen Fa Ke ne faceva uno, nella casa vecchia si trovavano mattonelle del pavimento rotte: le aveva spaccate allenandosi coi battiti dei piedi (zhen jiao 震脚). 

Chen Fa Ke immortalato poco prima di posare il piede destro a terra

Alla fine di una giornata di lavoro stancante, il maestro Huang desidera comunque praticare un po' tai ji quan con questi allievi: lezione sulla terrazza della nuova casa.

Loro sono abituati a questa grande disponibilità di Huang a insegnare, e magari speravano che il loro aiuto fosse premiato così.

Dopodiché, lauta cena con pura cucina dello Shandong (Lu cai 鲁菜), preparata da una paziente amica originaria di Qingdao 青岛.

Piatto tipico dello Shandong: ba si di gua 拔丝地瓜 (letteralmente “patate dolci della seta srotolata”), con zucchero caramellato

Tai ji quan in Vaticano

Pausa estiva dalle lezioni anche per un gruppo di sacerdoti cattolici del Pontificio Collegio di S. Pietro Apostolo, in Vaticano, cui il maestro Huang quest'anno ha iniziato a insegnare tai ji quan; un'esperienza significativa.

Padre Thomas Peringalloor, rettore del Collegio S. Pietro

Scansafatiche?

Gli allievi romani di Huang Tai Ji gli dicono che cesseranno gli allenamenti per le vacanze estive, anche se resteranno in città. Nella capitale c'è invece Zhu, un allievo cinese del maestro il quale seguita ad allenarsi tutti i giorni.

Poi non ci si stupisca se un cinese è migliore di un italiano nelle sue arti marziali: è pure una questione di mentalità. Infatti è logico che Zhu sia già progredito parecchio, benché non pratichi da molto tempo; lo si nota dalla sua capacità negli esercizi a due di combattimento prestabilito.

Nomi cinesi

Tempo fa, il maestro Huang conobbe uno dei vari insegnanti di arti marziali italiani vanagloriosi, il quale con sicumera seguitava a sostenere che il nome del maestro, Tai Ji 太极, era quello di uno stile e non poteva essere di una persona.

Gli sarebbero bastati una minima conoscenza della storia cinese o qualche secondo di ricerca in Internet per sapere che Huang Tai Ji 皇太极 (1592-1643) fu persino il nome di un sovrano, all'origine della dinastia Qing nel 1636.

Ma si sa: chi è convinto di sapere già, non può imparare.

Huang Tai Ji