La primavera è tempo di feste per i
cinesi. Il maestro Huang è stato invitato a tenere una dimostrazione
di tai ji quan alla cena di un'associazione di donne
originarie della contea di Qingtian
青田,
nella provincia dello Zhejiang 浙江.
È un gruppo numeroso, anche perché si stima che circa il trenta per
cento dei cinesi in Italia provenga da lì; un'immigrazione iniziata
poco più di un secolo fa.
Qingtian (“Campo Verde”),
attraversata dal fiume Ou 瓯
|
Dopo un mese passato in Cina fra luoghi
deputati alla spiritualità, il maestro non è più abituato al
baccano di un grosso ristorante cinese con decine di clienti in
festa. Così, appena entrato, si accomoda su un divano in disparte e
si raccoglie per qualche minuto in meditazione.
Il maestro Huang nell'attimo di
raccoglimento
|
La dimostrazione stessa consiste in ba
duan jin 八段錦,
sequenza di “tredici movimenti” (Shi san shi 十三式)
dello stile Chen 陈 di tai
ji quan secondo la scuola Hong 洪,
e infine, qualche applicazione di combattimento: un allievo effettua
prese sul maestro, che reagisce facendolo volare a terra.
È solo una delle esibizioni che si
alternano sul palco, la maggior parte di canto, fra le quali spicca
un attore dell'opera cantonese (Yue
ju
粤剧),
giunto per l'occasione dalla Cina.
Alla fine della serata, la
presidentessa propone a Huang di pagare i suoi allievi italiani
trecento euro per l'esibizione. Tutto quello che loro vedono è il
maestro che, con gli occhi strabuzzati, allontana, fra scherzosità e
solerzia, la donna. Noi sia mai, dichiara poi con fermezza, “siamo
qui per amicizia!”.
La presidentessa tiene un discorso ai
convenuti
|
Vieppiù,
la sontuosità della cena gentilmente offerta rammarica un po' il
maestro, perché lo considera uno spreco e pensa alle persone che
fuori di lì patiscono la fame. Similmente, rifiuta diverse portate,
perché se quel cibo rimane intoccato, i camerieri lo porteranno a
casa per mangiarlo domani.
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