giovedì 29 agosto 2013

Rapporti scolastici

Un ragazzo cinese allievo del maestro Huang gli ha regalato del cibo che sua madre ha portato dalla Cina. Come d'abitudine, il maestro ha voluto condividere le golosità coi suoi allievi presenti (due lingue d'anatra - ya she 鸭舌 - sono anche finite nello stomaco di Joe, una cagnolona che passava di ben quindici anni, equivalenti a oltre novanta se fosse un essere umano).
Questi due fatti costituiscono un buon esempio dei comportamenti e dei rapporti che si dovrebbero instaurare in una scuola genuina di arti marziali cinesi.
(lingue d'anitra, prelibatezza cinese)

Il corpo non mente

La personalità di un uomo è così complessa, che anche i luminari delle scienze psichiche faticano a giudicarla.
Tuttavia il corpo non mente. La reazione che una persona attua quando viene afferrata e/o spinta con forza, anche solo durante un esercizio di arti marziali, può manifestare alcune caratteristiche della sua personalità; o per lo meno del modo, di solito suboconscio nell'individuo comune, che essa ha di rapportarsi con gli altri e con l'ambiente in generale.
Per esempio c'è chi, sottoposto a quelle prese e quelle spinte, reagisce in modo eccessivamente difensivo, rispetto alla situazione controllata dell'allenamento. Dovrà invece apprendere a mantenere un certo rilassamento psico-fisico anche sotto minaccia d'attacco (chiunque combatta, sa che non è possibile farlo efficacemente senza questa attitudine).
In molti esercizi di tai ji quan che il maestro Huang fa svolgere, ci si allena a ciò.


Rilassamento contro-intuitivo

"Yong yi bu yong li 用意不用力" ("Usare l'intenzione, non usare la forza") è una delle regole che contraddistinguono il tai ji quan, sicché il praticante è tanto più abile quanto più riesce ad attuare questa massima.
Già è difficile farlo negli esercizi a solo, tanto più quando si deve gestire un avversario che attacca con forza.
Ebbene, un ideale del tai ji quan è battere un avversario che usa la forza rimanendo il più possibile rilassati. Nell'individuo non allenato, questo è contro-intuitivo: quando bisogna contrastare qualcuno che ci spinge con forza, è pressoché automatico usare anche noi forza.
Ma una capacità dell'uomo rispetto ad altri animali è il raziocinio, per cui gli è possibile interporre la cognizione fra l'istinto (spingere con forza) e l'azione (spingere via l'avversario), in tal modo regolando il suo comportamento (spingere rimanendo il più possibile rilassati).
Per favorire questa trasformazione, in cui un automatismo viene modulato grazie al pensiero per poi mutarsi in un nuovo e più efficace automatismo, nelle lezioni del maestro Huang si dedica molto tempo ad esercizi in coppia nei quali un compagno nelle vesti dell'avversario spinge, e l'altro deve sfruttare la sua forza e vincerla, rimanendo il più possibile rilassato.
Come si riesca a farlo è tutta una questione di tecnica, la tecnica del tai ji quan.
Ancora di più: stupisce constatare che certe mosse dello stile non funzionano se attuate con certa tensione muscolare. Nelle arti marziali la progressione consiste anche nell'automatizzare comportamenti che prima non erano spontanei, ma lo sono diventati grazie all'addestramento.

martedì 27 agosto 2013

Imparare attraverso la pratica

Per imparare bene una disciplina difficile, come il tai ji quan, occorrono due fattori: un bravo maestro che sia disposto a insegnare e una pratica assidua.
La comprensione di alcuni aspetti dello stile può giungere da quest'ultima senza che il maestro spieghi. Lo espone il proverbio delle arti marziali cinesi "Quan lian qian bian / Qi yi zi xian": "Allenando il pugilato mille volte / Ci si fa un'idea da soli".
Questa frase è formulata nel linguaggio tradizionale, sicché il maestro Huang la parafrasa con una più moderna: "Qi zhong de yi si zi ji ming bai": capire da soli il significato.

Corsi a Torino

A giugno e luglio 2013 il maestro Huang ha insegnato tai ji quan all'Associazione giovanile italo-cinese (Zhong yi qing nian xie hui 中意青年协会) di Via La Salle, 17, Torino. Da settembre 2013 il corso si terrà alla Scuola "Alberto Sabin", C.so Vercelli, 157, Torino, tel. 011-4270201.

Affinità elettive

Il maestro Huang ha stretto amicizia con Sun Kai Qing, docente di scuola superiore di Cangzhou 沧州 e praticante di gong li quan 功力拳 (“pugilato per allenare la forza”).
Il Professor Sun dirige un grosso centro di servizi educativi in questa città dell’Hebei, il quale riunisce decine di associazioni culturali. Grazie al sodalizio fra Huang e Sun, è possibile invitare in Italia diversi maestri della contea di Cang, una delle zone più importanti delle arti marziali cinesi.
(praticanti di gong li quan all'inizio del '900)
(l'antico leone di Cangzhou 沧州铁狮子, qui prima del recente restauro, ben rappresenta il valore dei praticanti di arti marziali della zona)

Il maestro Hong Jun Sheng a Cangzhou nel 1978

Zucche umane

Nella scuola del maestro Huang si fa un esercizio di coppia che Meng Xian Bin chiama “Cheng hu lu jia 撑葫芦架”. Letteralmente significa “Struttura di sostegno per le zucche”. Sono graticoli che gli agricoltori cinesi costruiscono per farvi crescere appunto le zucche, pendenti da terra come i vitigni.
L’esercizio consiste nell’afferrarsi reciprocamente le braccia più o meno ai bicipiti e cercare di sbilanciarsi. Può anche essere collaborativo: un compagno effettua una spinta diretta, e l’altro cerca di deviarla e sbilanciare l’attaccante.
Cheng hu lu jia, simile all’assai più noto tui shou (“mani che spingono”), è una pratica molto utile allo sviluppo della forza a spirale e delle capacità applicative che rendono così efficace il “metodo pratico dello stile Chen di tai ji quan”.

Il maestro Zhang Lian En

Zhang Lian En 张联恩 (1952-) iniziò a studiare tai ji quan col maestro Meng Xian Bin, che poi lo introdusse a Hong Jun Sheng.
Gira voce che il famoso maestro Chen Xiao Wang 陳小旺 (1945-) si recò in visita da Hong, e in quell’occasione fu battuto da un giovane Zhang in una sfida informale di spinte.
Si dice pure che, dopo la morte del gran maestro Hong, Zhang Lian En studiò la scuola di Chenjiagou 陳家溝 dello stile, per poi coniugare le due versioni e modificare la sua forma con le tecniche più ampie (da fa 大法) che sono tipiche dell’odierno stile di Chenjiagou.
Ad alcuni esponenti famosi della scuola Hong, questa supposta modifica non piace, ma si tenga conto che bisogna essere grandi esperti per giudicare il livello di simili maestri, sicché l’umiltà è sempre una regola d’oro.
Interpellato al riguardo, il maestro Huang si limita a uno degli apprezzamenti che indicano il suo carattere solare: Zhang gli piace perché ha un comportamento allegro, e alle sue lezioni regna un’atmosfera lieta.
(Zhang Lian En col suo maestro Hong Jun Sheng)

Il maestro Tian Xiu Chen

Tra gli allievi migliori di Chen Fa Ke ci fu Tian Xiu Chen 田秀臣 (1917-1984), che si dice abbia mantenuto il suo modo di praticare vicino a quello del suo insegnante (anche se è prassi dei maestri cinesi personalizzare un po’ il proprio stile).
Il maestro Huang apprezza molto la grande bravura di Tian, e nota che la maggior parte dei suoi movimenti era molto simile a quelli di Hong Jun Sheng.
http://www.youtube.com/watch?v=maPk6w8Yei0

Cosa significa naturale?

Molti maestri cinesi usano spesso l’aggettivo “naturale” (zi ran 自然) nei loro insegnamenti. Ciò manifesta quanto siano ecologici gli ideali delle arti marziali cinesi e di molta della filosofia correlata.
Il maestro Huang sottolinea spesso che il tai ji quan segue "le leggi della natura" (zi ran gui lu 自然规律). Certe volte è più palesemente oggettivo che una situazione è naturale: il maestro Huang viaggia su un’automobile i cui finestrini si abbassano con una manovella invece che con un impulso elettrico, e se ne compiace definendola “naturale”. Non gli piacciono aria condizionata e ventilatori, neppure col clima fastidiosamente più caldo, perché non sono “naturali” ("La gente teme il caldo, ma chi pratica tai ji quan sopporta molto meglio le temperature estreme, anche perché impara a stare tranquillo", spiega il maestro). Altre volte è meno oggettivo: il maestro usa una canoa e definisce “naturale” il movimento in cui si ruota il busto nella pagaiata. Ma non è palese e intuitivo, per lo meno a chi non abbia meccaniche corporee raffinate come un esperto di tai ji quan, che per pagaiare si ruoti il busto. Allo stesso modo, il maestro Huang dice che la forma della mano nella pratica del tai ji quan dev’essere naturale, tuttavia quella davvero spontanea avrebbe le dita più arcuate perché più rilassate.
Infine, si faccia attenzione, perché il ricorso all’esortazione alla naturalezza può essere una risposta di comodo per maestri che non hanno voglia di spiegare veramente una tecnica: l’allievo gli chiede come va eseguita, e l’insegnante se la cava liquidandolo con un vago “Naturale!” che non significa nulla.
(indicazioni per il ritmo circadiano secondo l'antica cultura cinese)

Tegole di carne?

La questione della foggia che assume la mano nella pratica dello stile Chen di tai ji quan emerge quando il maestro Huang dice a un suo allievo da qualche anno che ora è per lui tempo di modificarla: ora, dice, l'allievo ha raggiunto un livello in cui può tenere la mano più rilassata che nella canonica forma "a tegola". Al maestro Huang l'ha insegnato il gran maestro Meng Xian Bin, che Huang cita costantemente. Meng gli ha anche detto che se la mano che sale lungo il corpo è tesa, "Qi xue wang shang yong 气血往上踊" ("Energia vitale e sangue balzano verso l'alto"), un decorso dannoso per la salute. Già nella scuola Hong, la "mano a tegola" è meno enfatizzata, ma spesso le dita hanno comunque una lieve tensione utile per "dirigere la forza coordinata" (in cinese ling jin 领劲). Sia Hong, sia Meng e Li Bao Ting hanno insegnato che la forma della mano dev'essere "naturale", e il maestro Huang lo esemplifica mostrando che quando si cammina, non si tengono le mani "a tegola".